Le persistenti turbolenze in atto sulla disponibilità e sui prezzi di materie prime ed energia stanno mettendo a dura prova l’intero tessuto sociale ed economico a livello globale.
Non fa eccezione la produzione e distribuzione di beni di largo consumo che, oltre a queste pressioni inflattive, si trova a dover gestire importanti evoluzioni strutturali dei comportamenti di acquisto e consumo dei clienti finali.
In questo difficile contesto, tutte le leve commerciali a disposizione delle aziende produttrici del Consumer Goods (CG) devono essere meticolosamente orchestrate per non lasciare sul campo opportunità che via via si stanno facendo sempre più scarse.
Il ruolo delle promozioni di vendita
Tra le frecce a disposizione dell’ufficio commerciale per far centro negli obiettivi di vendita, la leva delle promozioni nel canale della grande distribuzione continua ad essere estremamente affilata.
A conferma di questo, un recente sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli evidenzia come l’80% dei consumatori intervistati reputi le promozioni disponibili nei supermercati effettivamente vantaggiose, mentre i supermercati che fanno promozioni durante il corso dell’anno continuano ad essere preferiti rispetto a quelli che attuano politiche di everyday low price (55% vs. 36%).
Come garantire, quindi, che l’importante costo economico legato alle promozioni di vendita porti risultati concreti ai produttori del CG?
La risposta passa dal calcolo del ritorno dell’investimento (ROI) di ciascuna azione promozionale, un concetto tanto lineare a parole quanto difficile da vedere realizzato nella pratica.
Il ROI delle promozioni: questo sconosciuto
Chi è ormai da qualche anno nel settore del CG sa che la necessità di valutare l’efficacia delle azioni promozionali si è dovuta spesso scontrare contro un muro fatto sia di visioni discordanti sulla misura stessa dell’efficacia, sia sulla conseguente disponibilità di strumenti e dati adeguati a supporto del calcolo del ROI vero e proprio.
Non stupisce, quindi, che alla domanda “Come calcolereste il ROI di una vostra promozione?”, ogni azienda possa dare una risposta differente rispetto a quella delle altre.
Non solo, è molto probabile che la stessa variabilità di risposte possa arrivare anche ponendo la stessa domanda ai differenti uffici all’interno di una singola azienda.
Per questo motivo, il punto di partenza per ciascun produttore deve quindi essere una definizione condivisa della misura del successo di ciascuna promozione.
Senza questo step iniziale è molto probabile che un’attività strutturata come il monitoraggio dell’efficacia delle promozioni perda di slancio nel giro di breve tempo o che, peggio, non parta nemmeno.
Ciò non toglie che, viste le peculiarità in cui ciascuna azienda si trova concretamente ad operare, ci si potrà ad esempio voler concentrare sui volumi incrementali di vendita, oppure sui margini incrementali, oppure ancora sul miglioramento delle quote di mercato e così via.
I 5 fattori chiave per poter calcolare il ROI di una promozione
Sono numerosi i fattori che impattano sul calcolo del ROI delle attività promozionali di vendita, di seguito ci limiteremo ad evidenziare i 5 più rilevanti.
1. L’importanza dei dati di sell-out
Il poter disporre dei dati di vendita al livello del consumatore finale ha certamente un valore chiave nel processo di apprendimento delle determinanti delle proprie vendite.
Sia volumi che valori di sell-out diventano rivelatori di importanti correlazioni di volta in volta in atto, tanto più quanto più queste serie siano in grado di scendere al livello del singolo SKU-punto vendita, con un’elevata frequenza temporale.
Nella realtà dei fatti, per le aziende produttrici diventa spesso più sostenibile economicamente lavorare con aggregati superiori di queste dimensioni e/o ragionare in termini di campionamenti rappresentativi.
Avendo come obiettivo quello di conoscere l’efficacia delle azioni promozionali condotte dall’azienda sui differenti prodotti, l’enorme valore informativo dei dati di sell-out rispetto agli equivalenti di sell-in è indubbio.
È sufficiente mettere a confronto le due serie, per una stessa coppia cliente-prodotto, per verificare come la variabilità del sell-out risulti molto più informativa rispetto a quella del sell-in.
Quest’ultima, infatti, è normalmente caratterizzata da una continua alternanza di picchi e valori nulli (ogniqualvolta la singola settimana mostra una consegna al cliente oppure no), che di fatto impedisce di comprendere ciò che si realizza nella catena del valore a valle del processo di acquisto produttore-grande distribuzione.
In ultimo, la disponibilità del dato di sell-out messa a confronto con il sell-in potrebbe meglio contribuire ad evidenziare attività di forward-buying da parte del cliente alla ricerca di scorte del prodotto particolarmente vantaggiose, da immettere sul mercato al di fuori del periodo di promozione concordato.
Risulta in questo caso evidente che tali stock, non traducendosi in uplift di volumi incrementali di vendita legati alla promozione, andranno a distorcere i quantitativi di baseline dei mesi successivi, ma ad un prezzo d’acquisto “da promozione”.
2.Comprendere l’elasticità della domanda dei propri prodotti
Il potenziale dei dati di sell-out non si ferma al punto precedente, ma coinvolge anche l’importante possibilità di comprendere quanto la leva del prezzo (e degli sconti promozionali di conseguenza) sia in grado concretamente di condizionare le decisioni di acquisto dei consumatori finali.
Sebbene ogni responsabile commerciale sia consapevole delle caratteristiche generali della domanda dei propri prodotti, ciò che si può ottenere in più (con serie dati sufficientemente lunghe a disposizione) è un dato puntuale e reale rispetto alle semplici convinzioni più o meno micro-fondate.
L’analisi dell’elasticità della domanda dei propri prodotti diventa così un prerequisito fondamentale per guidare la stessa strategia commerciale complessiva legata a prezzi, sconti e promozioni.
Inoltre, succede spesso che in questi processi di approfondimento venga in luce un secondo focus di analisi, quello degli outlier.
Avendo a che fare con queste serie storiche le prime volte, ci si può stupire facilmente dell’esistenza di dati “anomali”, definiti in statistica outlier, intendendo come tali delle improvvise variazioni dei volumi di vendita non giustificati da variazioni di prezzo o altre attività promozionali in essere.
È questo, ad esempio, il caso che si può verificare a seguito di un out-of-stock del concorrente principale, cosa che porterebbe ad un aumento delle vendite dei propri prodotti come alternativa messa in atto dai consumatori di quei beni temporaneamente non disponibili.
3.Definire e monitorare tutte le leve che agiscono su prezzi e quantità di vendita finali
Il prezzo effettivo di un prodotto sullo scontrino di vendita, così come la sua collocazione fisica all’interno del supermercato, riflettono decisioni commerciali operate sia dal retailer che dal produttore in modo autonomo o concertato.
È quindi di estrema importanza che le determinanti chiave che agiscono su prezzi e volumi di vendita si possano imputare su ogni singolo SKU venduto nel punto vendita.
Senza questa capacità, il contributo incrementale legato alla singola promozione si confonderebbe indifferentemente nelle molteplici determinanti in atto sul prodotto nello stesso periodo.
Grazie a questa importante classificazione, è così possibile arrivare ad individuare il volume di vendita “di base” (baseline) che l’azienda è in grado di realizzare in assenza di attività promozionali o di merchandising specifiche.
4.Comprendere i movimenti della concorrenza
L’analisi della profittabilità delle promozioni del trade vede spesso, anche tra le aziende più evolute, una semplificazione delle cause che portano i consumatori a decidere di acquistare i propri prodotti.
In questa rappresentazione de-facto si ipotizza implicitamente che l’azienda sia in grado di determinare, in modo indipendente dai movimenti della concorrenza, l’acquisto da parte del consumatore davanti allo scaffale.
Nella realtà, il team commerciale sa bene che la complessità in campo in questi processi decisionali è decisamente superiore e che raramente si può prescindere dai movimenti di prezzi e sconti effettuati dalla concorrenza.
È perciò evidente che poter disporre dei dati di vendita della concorrenza contribuisce a fornire una spiegazione più accurata rispetto al dover lavorare con i soli dati dei propri prodotti.
Il riferimento fatto in precedenza all’importanza di individuare i dati anomali nelle serie a disposizione trova quindi il suo fondamento nella concreta disponibilità di serie dati della concorrenza, una fonte di informazioni chiave per strutturare analisi ROI affidabili.
5.Valutare l’effetto di cannibalizzazione sugli altri prodotti
Infine, ma non meno importante, occorre ponderare adeguatamente l’effetto avverso che l’azione promozionale sul prodotto oggetto di analisi può comportare per gli altri prodotti sostituti, nello stesso paniere aziendale.
È infatti evidente che, in assenza di un aumento del consumo complessivo da parte del mercato in quel periodo, la domanda incrementale del bene promozionato potrebbe spiazzare quella di confezioni e prodotti alternativi della stessa azienda oltre che quelli della concorrenza.
Il percorso da intraprendere
I 5 punti appena evidenziati sottintendono un importante percorso di crescita che ogni azienda dovrebbe intraprendere quanto prima per ottenere un maggior controllo delle proprie performance commerciali.
In questo percorso, i responsabili coinvolti dovrebbero avere un ruolo chiave volto a formare la necessaria sensibilità e competenza all’interno dell’azienda.
In loro aiuto, ciascuno di loro a oggi a disposizione strumenti potenti per gestire in modo unificato questa complessità, senza più dover accettare compromessi al ribasso nel proprio sforzo di comprendere il mercato ed il suo continuo cambiamento.
Ingrediente fondamentale per alimentare questi sistemi è, infine, la definizione di una data strategy coerente con quanto presentato e che si occupi di porre le basi un nuovo modo di governare i processi commerciali sempre più orientato all’omnicanalità.