Benvenuti nell’era della Project Economy

Che cos’è la Project Economy?

Il Project Management Institute (PMI), il principale ente internazionale impegnato nella promozione e nella diffusione della cultura del project management, ha recentemente utilizzato queste parole per definire il termine ‘progetto’:“Un’iniziativa temporanea intrapresa per creare un prodotto, un servizio o un risultato unico”. E’ oggi più che mai evidente come l’elemento della temporaneità, indicato nella definizione sopracitata, assuma un valore primario. Se da un lato l’evoluzione tecnologica e la trasformazione digitale decretano progressivamente il superamento di approcci e competenze, dall’altro, proprio la tempestività dell’azione organizzativa ed economica è divenuta centrale e prioritaria per ogni azienda. La capacità di concretizzare in tempi rapidi un’idea rappresenta ormai il fattore determinante della sua stessa efficacia.

E’ in questo scenario che la “project economy”, locuzione coniata proprio dal PMI nel 2019, si propone come modello per trasformare realmente il cambiamento in opportunità. In modo silenzioso ma potente, i progetti hanno soppiantato le operazioni come motore economico dei nostri tempi. Questo cambiamento graduale è in corso da anni e la project economy rappresenta un cambio di paradigma estremamente utile nella gestione dell’innovazione e della complessità crescente, tipica ormai di ogni settore di business. Quando infatti è necessaria la combinazione di competenze sempre più numerose ed eterogenee, l’approccio progettuale diviene fondamentale.

Lo scenario attuale

Nel 2017, il Project Management Institute ha stimato che il valore dell’attività economica orientata ai progetti in tutto il mondo sarebbe cresciuto da 12.000 miliardi di dollari nel 2017 a 20.000 miliardi di dollari nel 2027, facendo lavorare circa 88 milioni di persone in ruoli orientati alla gestione dei progetti – e queste stime sono state fatte prima che le nazioni iniziassero a spendere trilioni di dollari per i progetti di recupero della pandemia. Dati avvalorati da una statistica ben precisa: le organizzazioni che non si sono adeguatamente strutturate al contesto di cambiamento, fanno segnare un aumento del 67% dei progetti che falliscono negli ultimi cinque anni, schiacciati da una trasformazione troppo repentina di uno o più fattori collegati – direttamente o indirettamente – al progetto stesso.

Le persone al centro

Nel 2020, Mohamed Alabbar, fondatore e presidente di Emaar, il gigantesco promotore immobiliare con sede a Dubai, ha annunciato che, nell’ambito del passaggio a un lavoro basato sui progetti, l’azienda aveva abolito tutti i titoli di lavoro tradizionali – compreso il suo – e che i dipendenti sarebbero stati definiti non dal reparto di appartenenza, ma dai progetti a cui lavoravano. Con una mossa simile, il Richards Group, la più grande agenzia pubblicitaria indipendente degli Stati Uniti, ha eliminato quasi tutti i livelli manageriali e i titoli di lavoro e ora si riferisce alla maggior parte dei suoi dipendenti come project manager.

 Un prospettato (e auspicato) cambio di paradigma che avrà certamente conseguenze notevoli sulle aziende dal punto di vista organizzativo, con la piena responsabilizzazione di ogni singola persona rispetto ai propri obiettivi, che delinea di fatto un’alternativa concreta agli assetti aziendali per come oggi li conosciamo. Un modello che tende a valorizzare le potenzialità del capitele umano, riducendo ai minimi termini questioni gerarchiche e burocrazia. Il progetto diventa quindi il fulcro aziendale e non più il risultato di input e azioni calate dall’alto.

I principi della Project Economy

Costante aggiornamento e formazione sono le parole chiave per affrontare la project economy, seguendo i tre principi cardine del modello delineati dal PMI:

  • Ability is agility: la rapidità a orientarsi nuovamente e progressivamente è di gran lunga più efficace di una strategia magari più brillante e però rigida.
  • Technology rules, but people influence: le tecnologie sono davvero intelligenti solo se le persone che le governano e gestiscono lo sono altrettanto, se non di più.
  • It’s a project leader’s world: la traduzione di un’idea in realtà avverrà sempre più con un approccio progettuale. In uno scenario nel quale tutto è destinato a diventare un progetto, l’impatto sul lavoro sarà certamente profondo. Sarà suggellato il primato di quelle soft skills che ormai possiamo definitivamente denominare power skills, perché è proprio dalla loro trasversalità che dipenderà il funzionamento di organizzazioni endemicamente sempre più fluide e agili.

Un tempo i progetti erano temporanei e le operazioni permanenti, ma oggi è vero il contrario: le operazioni tengono a galla solo temporaneamente, mentre il cambiamento è ciò che è davvero permanente. Anticipare, gestire e guidare il cambiamento diventano quindi le direttive principali. E qual è il modo migliore per farlo? Benvenuti nell’era della Project Economy.

Fonti:

 

Il Sole24Ore

– Harvard Business Review

 

 

Vuoi saperne di più? Contatta un esperto